Trattenere i collaboratori: ragione o cuore?

Trovare e trattenere i collaboratori…

Negli ultimi tempi ad ogni incontro con un Piccolo Imprenditore, quale che sia l’argomento iniziale della visita, di colpo si devia sulla difficoltà a trovare personale.

Durante le mie attività nelle zone di “confine” invece, il life motive si sposta un poco in avanti: fatica sì a trovare, ma soprattutto fatica a trattenere.

No, non sto parlando del fenomeno delle Grandi Dimissioni.

Il contesto

Prima di proseguire, facciamo un passo indietro: le mie zone di confine sono l’alto Piemonte, il “confinante” è la Svizzera.

I protagonisti delle tante storie che ho ascoltato sono da una parte il titolare e dall’altra i suoi operai specializzati – quelli con più di 10/15 anni di esperienza – attratti dalle sirene dello stipendio in franchi.

Lo scontro è tra il cuore e la ragione; tra il cuore ferito dell’Imprenditore e la ragione (leggi €€) dell’operaio.

Le domande tardive

Di fronte alle dimissioni dei suoi collaboratori più stretti (e fidati) due sono le domande ricorrenti che l’Imprenditore si pone. Alle quali non è semplice (specie alla prima, in questa situazione) rispondere:

  • “Come posso fare per trattenere le mie persone?” (Parliamo di persone, non ci spingiamo ai talenti)
  • “Come tamponare la ferita?”

Per inciso: le mie esperienze di consulente su questa problematica sono soprattutto nell’artigianato e nell’edilizia. Il discorso però è universale, indipendente dal settore e dal ruolo (operaio, impiegato).

Crescere e trattenere

La storia inizia con l’apprendista che entra in Azienda, si forma (viene formato), diventa operaio e quindi, negli anni, un esperto nel suo lavoro.

Se agli inizi lavorava in coppia per imparare, ora della coppia lui è il maestro.

Guadagna bene, ed in Azienda ha una sua posizione.

Quando un giorno – ricerca attiva o contatto passivo non è dato a sapersi – decide improvvisamente di andare in Canton Ticino. A fare il Frontaliere.

E tutti i torti non li ha. Come resistere infatti ad uno stipendio moltiplicato per due?

In Svizzera, per informazione, i compensi sono “leggermente” più alti che in Italia.

Torniamo dunque al nostro Imprenditore.

La sorpresa non è davvero inaspettata; lui però si ritrova quasi completamente disarmato di fronte all’evidenza delle dimissioni.

E, considerando che i collaboratori quasi sempre si contano con le dita di una mano, il lavoro rischia la crisi per quantità e qualità.

Così chiede un aiuto…

… Che arriva dando risposta alla domanda numero due.

Motivare e trasferire

Trattenere, in casi come questi, è davvero complicato (per ora).

Giochi, ma di solito perdi.

Quello che davvero l’Imprenditore può fare (avrebbe dovuto fare, meglio) è prepararsi nel tempo all’inevitabile, favorendo e spingendo il trasferimento di conoscenze tra “generazioni” di collaboratori.

Ma come?

Informazione e potere

Da che mondo è mondo, chi detiene le informazioni detiene anche il potere. Ed ha poco interesse a condividere il suo sapere.

E ricordiamoci che non stiamo parlando di Aziende strutturate, con organigrammi corposi e ben definiti e ruoli dedicati alle Risorse Umane.

Nel nostro caso tutto deve essere gestito da una sola persona.

L’incentivo e la prospettiva

Qui i sentimenti vanno messi nel cassetto, la risposta dell’Imprenditore sta tutta nella razionalità. Qualcuno direbbe negli incentivi, nei premi, nelle prospettive.

Premi ed incentivi si traducono facilmente:

  • se in tot tempo l’apprendista… allora tu…

Le prospettive invece, proprio perché lontane (tutti noi soffriamo un poco di miopia), vanno ben illustrate.

Una in particolare:

  • se i nuovi entrati non crescono, saranno sempre i soliti ad eseguire il lavoro.

Lavoro fisico che con il tempo inizia a “pesare” (Avete presente? Schiena, ginocchia,.. Gli over cinquanta come il sottoscritto capiranno). Forse meglio “scaricare” un poco di questo peso sugli altri, resi autonomi, e piano piano dedicarsi ad una attività più di gestione e di supporto.

Presente da una parte (leggi premi) e futuro dall’altra (leggi prospettiva): spesso la proposta funziona. Sarà una proposta banale – poco tecnica – ma funziona, e pure bene.

Ed a volte – sorpresa – funziona anche come risposta alla domanda numero uno: davvero vale la pena espatriare e ripartire?

Quando i numeri non ti aiutano (anzi), puoi giocare su altri tavoli: il ruolo, il riconoscimento, la riconoscenza, il lavorare all’estero con le sue complicazioni, i rischi ed il minor bilanciamento vita lavorativa / vita privata.

Avete presente quei calciatori che per qualche milione in più (dico poco) approdano in campionati “minori” e subito scompaiono? Uguale.

A proposito, non mi riferisco a Ronaldo. Mi viene però in mente come esempio attuale un attaccante del Napoli, che andando in Canada si è giocato uno “storico” scudetto (gloria, riconoscenza, bandiera)… ne valeva davvero la pena?


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